Nella giornata di ieri le Banche Europee sono state in trepidante attesa per le decisioni del Governatore della BCE Mario Draghi riguardanti l’accordo di Basilea III. Di cosa si tratta lo andiamo subito a vedere. Dopo due anni di trattative si è giunti ad un accordo sull’applicazione delle regole di Basilea III che è in sostanza un compromesso tra le posizioni Europee e quelle USA. La Presidente uscente della Fed statunitense, Janet Yellen, solo pochi giorni fa aveva evidenziato forti perplessità da parte USA rispetto agli Standard delle Banche Europee, in particolare sul livello di capitalizzazione troppo basso, distante dalla capitalizzazione della Banche USA.

[ads1]

L’ipotesi, quindi era di un rafforzamento dei capitali bancari nel vecchio continente mentre Mario Draghi nel pomeriggio di ieri ha determinato che, invece, il capitale delle Banche Europee è adeguato alle necessità, anche perché cresciuto in questi anni. Il Governatore, a fronte di quanto sopra, ha fatto slittare di quattro anni l’adeguamento patrimoniale delle banche, portando l’applicazione di Basilea III al 2022.

Cosa significa per le Banche?

Siccome l’accordo di Basilea III prevede l’applicazione di una soglia floor del 72,5%, ossia uno sconto non superiore al 27,5% rispetto agli accantonamenti previsti dal modello standard, la conseguenza sarebbe il reperimento, per le Banche Europee, di una somma corrispondente a circa 120 miliardi di Euro per l’adeguamento patrimoniale che ora slitta al 2022, dando alle Banche Europee un po’ di respiro.

Nel contempo l’Abi ha predisposto una risposta alla Vigilanza Europea a proposito delle nuove regole sui crediti deteriorati, rilevando che queste, se applicate, sarebbero di grave nocumento al rapporto Imprese-Banche, costituendo un ostacolo al finanziamento alle imprese traducendosi, in seconda analisi, in un freno allo sviluppo economico dell’Italia, frenando gli investimenti mentre serve esattamente l’opposto per mantenere la rotta verso la crescita del Paese.

[ads1]