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Quando ci si approccia alla coltivazione della cannabis, ci si domanda, per ovvi motivi, quali siano i trucchi più adatti ai principianti. Uno di questi è senza dubbio il ricorso ai cosiddetti semi di cannabis autoflower. Questi ultimi si contraddistinguono per la capacità di fiorire in tempi brevi e per il fatto di non essere fotoperiodici. Decisamente semplici da gestire, richiedono comunque un focus sulla questione dell’illuminazione. Se ti stai chiedendo quali siano i consigli migliori al proposito, non devi fare altro che proseguire nelle prossime righe di questo articolo.

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Cannabis autofiorente: quante ore di luce al giorno?

Quante ore di luce al giorno richiede la cannabis autofiorente? Sono diversi i coltivatori esperti che raccomandano di esporle per almeno 18 ore. In questo modo, secondo il loro punto di vista, si riuscirebbe sia a far crescere le piante al meglio, sia a risparmiare sulla bolletta, il che non è affatto male!

Anche se, come precedentemente accennato, le piante di cannabis autofiorenti non sono fotoperiodiche, la luce non le danneggia.

Il quadro appena descritto è solo uno dei tanti punti di vista dei coltivatori che ricorrono alla cannabis autofiorente. Un altro approccio alla gestione dell’illuminazione vede in primo piano l’esposizione alla luce per 24 ore. Non ci sono, oggi come oggi, dati concreti in grado di dire se sia meglio questa strada piuttosto che quella delle 18 ore.

Programma di illuminazione 6-2: ecco cosa sapere

Quando si parla di gestione dell’illuminazione nell’ambito della coltivazione della cannabis autofiorente, è doveroso chiamare in causa un altro programma di illuminazione, ossia quello che prevede lo schema 6-2.

Entrando nel vivo delle sue peculiarità, ricordiamo che prevede, da parte del coltivatore, la concretizzazione di tre sessioni di esposizione alla luce pari a 2 ore l’una. Successivamente, arriva il momento di ulteriori due ore di buio. A detta di chi adotta questo approccio all’illuminazione, afferma di ottenere ottimi risultati. Le basi teoriche dietro alla sua scelta riguardano il fatto che, archiviato un determinato numero di ore di esposizione alla luce, la pianta di cannabis non ne assorbe più.

Chi intraprende questa strada afferma altresì che, intervallando i periodi di esposizione alla luce, la pianta di cannabis andrebbe incontro a un livello di stress decisamente più basso.

In merito a questo schema, c’è anche chi si esprime con contrarietà. In questo caso, le contestazioni principali riguardano il rischio di rovinare gli impianti di illuminazione e riscaldamento.

Il ciclo 12-12 va bene per le autofiorenti?

Un’ulteriore alternativa da prendere in considerazione quando si parla di luce e cannabis autofiorente riguarda il ciclo 12-12. Si tratta di un approccio corretto? Sostanzialmente sì, ma bisogna farsi trovare pronti a un rovescio della medaglia. Sono infatti diversi i coltivatori che affermano che, con lo schema in questione, la produzione di cime sia decisamente inferiore rispetto alle quantità con le quali, invece, si ha a che fare applicando i cicli di 18 o di 24 ore.

L’importanza dello spettro luminoso

Un doveroso cenno va dedicato al nodo dello spettro luminoso, cruciale anche quando si ha a che fare con la cannabis autofiorente. Cosa bisogna sapere in merito? Innanzitutto che lo spettro ideale cambia a seconda che si abbia a che fare con la fase vegetativa piuttosto che con quella di fioritura.

Nel primo dei due casi, sono diverse le prove concrete che dimostrano l’efficacia delle luci blu 6500K, alle quali, a quanto pare, si dovrebbe l’altezza non eccessiva delle piante di cannabis autofiorente (un altro motivo che le fa amare da chi è principiante e ha poco spazio in casa).

Nel secondo frangente, invece, si opta spesso per le luci a spettro rosso a 2500K, ausili preziosi per quanto riguarda la compattezza delle infiorescenze.

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Di Pamela

Blogger di tecnologia, viaggi ed economia. La mia passione per la scrittura mi ha permesso di intraprendere l'attività di gestione portali web che porto avanti dal 2010.