Ad un anno di distanza, i tempi sono maturi per tracciare un primo bilancio sugli effetti provocati dall’entrata in vigore della fattura elettronica, uno strumento giustamente definito rivoluzionario in ambito fiscale. Dal punto di vista del gettito fiscale, si può ben dire che sia stato un successo: la sua comparsa, infatti, ha garantito un extra-gettito pari ad oltre 4 miliardi in più per l’IVA. Il doppio, di fatto, di quanto preventivato dall’Erario: nei saldi di finanza pubblica, infatti, il gettito previsto ammontava ad 1,9 miliardi. Inoltre, la fattura elettronica ha funto da deterrente ai crediti IVA inesistenti o non spettanti, quasi del tutto spariti grazie alla sua comparsa.
Fattura elettronica: tempistica aspetto migliorabile
Numeri che hanno zittito gli scettici, che non vedevano di buon occhio la sua nascita. E che contribuiscono, significativamente, a migliorare leggermente i conti pubblici, zavorrati da un debito pubblico monstre, secondo – in termini percentuali rispetto al PIL – solo a quello greco. La sua entrata in vigore, però, non è stata certamente indolore, creando problemi a contribuenti, imprese ed intermediari causate da difficoltà gestionali dovute, in parte, a norme tutt’altro che semplici dal punto di vista interpretativo. Nulla di nuovo, in tal senso, per il contribuente italiano, messo soventemente in difficoltà della macchina burocratica dello Stivale. Un altro aspetto negativo, poi, riguarda i costi: l’avvio ha comportato maggiori oneri per il contribuente, anche se ora, con l’entrata in vigore a pieno regime, saranno via via sempre inferiori.
Se lo “start” non è stato certamente rosa e fiori dal punto di vista amministrativo, alcune norme introdotte dal Dl crescita renderanno più semplici le dichiarazioni dei contribuenti, anche se un aspetto come la tempistica non è certamente favorevole agli stessi. Ad esempio, l’emissione della fattura elettronica da parte dei medici dev’essere assolta entro 12 giorni dalla prestazione fornita. Una tempistica ristretta in grado di creare, talvolta, più di una difficoltà ad una categoria che, teoricamente, dovrebbe essere esclusivamente concentrata a garantire il bene più prezioso di ogni cittadino: la salute. Un timing, sia ben chiaro, che devono rispettare tutti i professionisti e, più in generale, tutte le partite iva, unite compattamente nel chiedere che la fattura venga emessa in termini meno perentori, ovvero nei tempi della liquidazione periodica.
Fattura elettronica: l’Italia, finalmente, è un esempio virtuoso in ambito fiscale
Nonostante quest’ultimi aspetti negativi, che restano globalmente marginali rispetto ai benefici, il successo della fatturazione elettronica potrebbe fungere da fulgido esempio per una svolta complessiva del rapporto fra contribuente e fisco. Se il primo, di fatto, ha meno “opportunità” di evadere le imposte, il secondo, grazie al maggior introito ottenuto, dovrebbe premiare le partite IVA più oneste, magari diminuendo, seppur gradualmente e parzialmente, l’imposizione fiscale a loro carico. D’altro canto, la fattura elettronica ha adempiuto compiutamente al primo obiettivo per il quale aveva visto la luce: fungere da deterrente per chi volesse continuare ad omettere le dichiarazioni. Ed in tal senso, i maggiori controlli messi in campo, nonché il rischio di subire maggiori accertamenti, ha portato diversi contribuenti ad agire nell’ambito della legalità.
L’Italia, paese tristemente noto per l’evasione fiscale, in questa circostanza può rappresentare un esempio, assai virtuoso, per gli altri grandi paesi europei. Ad eccezione del “piccolo” Portogallo, che la adottò al culmine di una crisi finanziaria ed economica drammatica, il Belpaese è l’unica nazione europea dal peso specifico significativo ad aver introdotto l’e-fattura. Da Bruxelles, infatti, non esiste alcun obbligo in tal senso: ogni paese può agire in modo autonomo.
Gli effetti benefici apportati ad un paese fiscalmente complesso come l’Italia, possono rappresentare uno sprono per introdurla in tutti i paesi facenti parte dell’Unione Europea. D’altronde, l’effettiva unificazione dell’Europa passa, inevitabilmente, da un “agire comune” in tanti ambiti economici e finanziari. E la leva fiscale sarà, probabilmente, la prossima arma che i paesi europei adotteranno per risollevare l’economia continentale, attualmente sostenuta dalla politica monetaria particolarmente accomodante della Banca Centrale Europea.