Dell’occhialeria, al mobile, e passando per la gioielleria, per l’agroalimentare e per la moda, nel periodo tra il 2010 ed il 2017, da parte delle banche italiane, c’è stata una vera e propria fuga dai distretti industriali. Questo è quanto, per il made in Italy, è emerso da un rapporto a cura dell’Ufficio Studi della di First Cisl sull’andamento della bancarizzazione dei distretti industriali.
Finanziamenti distretti industriali crollati per ben 57 miliardi di euro
La fuga degli istituti di credito dai distretti individuali, in particolare, non si spiega solamente con la perdita di sportelli bancari sul territorio, ma anche con la contrazione dei finanziamenti che è stata pari, dal 2010 al 2017, a ben 57 miliardi di euro.
Secondo Giulio Romani, segretario generale di First Cisl, tutto ciò è avvenuto perché le banche, anziché stare vicine ai territori, si sono concentrate non solo sulla riduzione dei costi, ma anche sulla vendita degli Npl (Non performing loan) in maniera frettolosa anziché accompagnare le imprese nell’uscita dalle situazioni di temporanea difficoltà e tensione finanziaria al fine di poter tornare in bonis.
Filiali bancarie nei distretti produttivi sono scese del 20% dal 2010 al 2017
Riccardo Colombani, che è il responsabile dell’ufficio studi di First Cisl, ha inoltre posto l’accento sul fatto che nei distretti industriali, nel 2010, c’erano in Italia 9.889 filiali bancarie, mentre queste a fine 2017 sono scese a 7.912 con un calo secco del 20%. Come diretta conseguenza, attualmente ci sono 674 Comuni italiani dove si producono prodotti simbolo del made in Italy, e dove non ci sono più filiali bancarie che, per l’accesso al credito, invece, dovrebbero essere un importante punto di riferimento.