C’è grande preoccupazione in Italia per migliaia di lavoratori del settore delle telecomunicazioni, ed in particolare per quelli della TIM e dell’indotto. E questo perché, secondo le stime dei Sindacati, attraverso l’eventuale fusione tra TIM ed Open Fiber i posti di lavoro a rischio potrebbero essere ben 20 mila in accordo con quanto è stato riportato dall’Agenzia di Stampa AdnKronos.com.
TIM e indotto in Italia, ben 100 mila i lavoratori occupati
Le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uicom Uil, in concomitanza con un presidio che è stato organizzato di fronte al Ministero dello Sviluppo Economico per chiedere la salvaguardia dei livelli occupazionali, sono contrarie ad ogni ipotesi di spezzatino per TIM anche perché si tratterebbe di un’operazione devastante per l’intera filiera. Ci sono infatti quasi 50 mila lavoratori occupati in TIM in Italia, ma ci sono anche altrettanti lavoratori nell’indotto.
Tra le imprese maggiormente penalizzate, con ripercussioni negative sull’occupazione, ci sono anche quelle dei call center in caso di una possibile fusione tra TIM ed Open Fiber che, tra l’altro, ha allarmato pure le Associazioni dei Consumatori che temono un aumento sensibile dei costi per l’accesso ad Internet in banda ultra-larga a carico dei cittadini/clienti.
La validità del progetto della rete unica dal punto di vista finanziario
Dal punto di vista prettamente finanziario, la nascita di una società per la rete unica in banda ultra-larga farebbe finire nelle casse di TIM svariati miliardi di euro che libererebbero la società dall’annosa questione relativa al suo debito finanziario. Questo è quanto, tra l’altro, riporta IlMessaggero.it nel sottolineare, inoltre come la nuova società di Rete andrebbe a conseguire un fatturato annuo stimato in 5 miliardi di euro, ed almeno 2 miliardi di euro di margine operativo.